L'istituto di credito della capitale, diretto dalla migliore aristocrazia del Vaticano nel cui consiglio d'amministrazione sedeva anche Romolo Tittoni, fratello dell'allora ministro degli esteri del governo Giolitti, Tommaso Tittoni, aveva investito in progetti agricoli, comprato proprieta ed aperto filiali in Libia ed avviato potenziali nuovi mercati capitali tanto che il cosiddetto "ricatto del Banco di Roma", cosi come lo defini Salvemini a posteriori, fu la minaccia della stessa banca di vendere le "concessioni economiche"
acquisite in Libia "ad un gruppo di banchieri tedeschi" (xxii-xxiii) ed austriaci, se il governo italiano non avesse agito concretamente contro i turchi che stavano iniziando a frenare l'avanzata economica italiana in Nord Africa.